In questo articolo voglio parlarti di comunicazione efficace.
In particolare vedremo come il confine tra comunicare efficacemente e persuadere spesso sia molto labile.
Sì esatto. Voglio parlarti di come sia io che te veniamo manipolati quasi continuamente.
Le tecniche di cui ti parlerò infatti sono state usate da venditori di tutto il mondo per generare decine di milioni di euro nel corso della propria carriera.
Non solo…
Anche guru, politici o religiosi hanno dato vita alla propria influenza servendosi di alcune di queste tecniche.
E a dirla tutta ognuno di noi si confronta con tecniche di persuasione ogni singolo giorno della propria vita.
A meno che tu non viva su qualche monastero del Tibet sei esposto a centinaia, se non migliaia, di annunci pubblicitari ogni giorno.
I produttori di cibo vogliono che acquistiamo i loro prodotti più recenti, gli studi cinematografici vogliono che andiamo a vedere i loro ultimi successi e i brand di vestiti vogliono che continuiamo a comprare abiti che in realtà non ci servono.
E ognuno di loro usa, più o meno bene, qualche tecnica di persuasione.
Le tecniche di cui vi parlerò oggi però non sono le solite che siamo abituati a vedere e che ormai abbiamo imparato a riconoscere.
Le strategie che vedremo hanno a che fare con la psicologia e la mente umana. E come vedremo valgono oggi esattamente come valevano centinaia di anni fa.
Spero che questo articolo non venga visto come qualcosa di subdolo e manipolatorio anche se in parte temo che sarà impossibile.
Sparse per l’articolo troverai alcune mie riflessioni in cui cercherò di sottolineare l’importanza dell’etica personale quando si affronta il tema della comunicazione. Forse non basteranno ma penso fosse importante metterle.
Ad ogni modo in questo articolo affronteremo 2 argomenti molto importanti: il ponte dell’affinità e la self opinion.
Questi sono tra i concetti più forti che abbia mai avuto modo di sperimentare nel corso della mia carriera.
Quindi, non perdiamo altro tempo con le premesse.
Comunicare efficacemente: il ponte dell’affinità
Devi sapere che alcuni anni fa ho fatto uno degli acquisti più sbagliati della mia carriera.
Nell’autunno del 2017 infatti ho comprato per circa 4.000€ un miner di bitcoin (Se vuoi approfondire l’argomento bitcoin ti rimando qua).
Un mio socio di allora mi aveva consigliato di prenderlo dicendomi che nell’ultimo anno era riuscito a guadagnare un sacco grazie a quell’acquisto.
E così, senza pensarci molto, lo comprai.
Bene…2 mesi dopo l’azienda da cui acquistai il miner fallì. E io persi il 95% dei soldi investiti.
Spariti nel nulla nel giro di qualche giorno.
Probabilmente avrei dovuto informarmi meglio prima di effettuare un acquisto del genere.
Ma questa storia mi ha permesso comunque di imparare un’importante lezione su come noi umani ci comportiamo quando dobbiamo comprare qualcosa.
La maggior parte dei nostri acquisti infatti sono fondati sulla fiducia.
Compriamo cose che ci vengono consigliate da persone di cui ci fidiamo.
Fidandomi ciecamente del mio socio non mi sono preoccupato di informarmi meglio su quell’acquisto. Ho dato inconsciamente per scontato che già lui si fosse informato abbastanza prima di consigliarmelo.
E se ci fai caso cose di questo tipo accadono continuamente.
Andiamo da medico che ci consiglia il cugino o lo zio. Compriamo il computer che il nostro amico smanettone ci consiglia di prendere. Firmiamo il contratto assicurativo con il consulente che ci ispira più fiducia. E così via.
Quasi ogni tipo di transazione è basata sulla fiducia. Anche se logicamente non dovrebbe.

Una decisione di acquisto dovrebbe essere basata sulla razionalità. Nel caso del mio miner avrei dovuto informarmi sull’azienda, sulla storia dei miner, sulle prospettive reali di guadagno sul lungo termine.
La fiducia ci toglie l’onere di pensare. Ci scarica delle responsabilità e ci permette di fare affidamento sulle riflessioni di qualcun altro.
Ricordi l’ultima volta che hai firmato un documento importante? Magari un modulo assicurativo o qualcosa del genere?
Sono abbastanza sicuro che tu non abbia letto ogni singola riga del contratto.
In buona parte hai scelto di fidarti di un consulente. Ti sei fidato della persona. E poi hai firmato.
Comprare è quasi sempre un atto di fiducia verso qualcuno.
Giunto a queste conclusioni ho iniziato a chiedermi come si ottiene la fiducia di qualcuno.
Perché se tutta la vendita è basata su questo vale la pena farsi qualche domanda.
C’è un bias cognitivo (affinity bias) secondo il quale noi tendiamo a fidarci delle persone verso cui proviamo un’affinità di qualche tipo. Ci leghiamo e fidiamo di più delle persone che in qualche modo sentiamo più simili a noi.
(Se non sapessi cosa sono i bias cognitivi ho scritto un articolo molto approfondito a riguardo).
Quindi, se vogliamo creare fiducia, dobbiamo prima imparare a creare affinità.
E a questo riguardo c’è un concetto molto potente che chiameremo i ponti di affinità.
Per ponti di affinità intendo qualunque affermazione, gesto o simbolo che crei un legame di affinità più o meno potente con il nostro interlocutore.
Ok, riconosco che così è un po’ confuso, ma tra un po’ ti sarà tutto molto più chiaro.
Esistono sostanzialmente 3 modi per creare ponti di affinità con qualcuno:
• Affermazioni empatiche
• Affermazioni o simboli di affinità
• Affermazioni di sostegno
Vediamole una per una.
1- Affermazioni empatiche
Il primo modo per creare dei cosiddetti ponti di affinità consiste nel fare delle affermazioni empatiche.
Questo metodo si può usare nelle email, nelle conversazioni o negli articoli di un blog.
Si tratta di rimarcare il dolore, la frustrazione o i desideri di qualcuno attraverso affermazioni che facciano intendere che tu capisci quella persona.
Se inizierai a farci caso noterai che in moltissime newsletter o libri è pieno di affermazioni di questo tipo.
Sostanzialmente si tratta di rimarcare la frustrazione di qualcuno e poi affiancarla a un’affermazione empatica.
Esempio
Supponiamo che io debba scrivere un’email diretta a liberi professionisti che stanno cercando di lanciare la propria attività.
Un esempio di affermazione empatica potrebbe essere questa:
“Ho passato parecchie notti insonni nei primi anni della mia carriera. Non vedevo i risultati del mio lavoro e l’idea di star facendo un salto nel vuoto e di fallire mi terrorizzava. Ti capisco perfettamente se in questo momento ti senti così” ecc ecc…
In altre parole dobbiamo aver chiari quali sono emozioni che le persone a cui ci rivolgiamo stanno provando e poi rimarcarle con affermazioni empatiche tipo
“Capisco come ti senti”. “Sostengo pienamente la tua posizione”. “Sono totalmente d’accordo con te”. “Non c’è da stupirsi che tu sia arrabbiato”.
Le affermazioni empatiche sottointendono la frase “ti capisco, anch’io sono come te”. E quando sentiamo che qualcuno condivide le nostre stesse emozioni tendiamo a legarci di più a lui.

Ok, fermi tutti un attimo.
Ogni volta che scrivo articoli come questo non posso fare a meno di inserire un po’ di riflessioni personali.
È troppo pericoloso dare in pasto al web determinate informazioni senza che una riflessione dell’autore aiuti a darne la giusta interpretazione.
L’idea di manipolare qualcuno non mi è mai piaciuta. È uno dei motivi per cui vivo un eterno rapporto conflittuale con il mondo del marketing.
Qual è il confine tra ciò che riteniamo giusto dire o fare e ciò che ci conviene fare?
È una domanda troppo complessa per riuscire a dare una risposta esaustiva in queste righe. Il punto fondamentale però è questo: capire il comportamento umano ci da potenzialmente molto potere sulle persone.
Provare ad abusare di queste leve psicologiche è pericoloso da un lato e sicuramente poco etico dall’altro.
Manipoleresti mai tua madre per farle comprare qualcosa che in realtà non le serve o per farla entrare in un qualche movimento polito o religioso?
Non penso.
Quindi, non farlo con la mia.
Questo è il punto.
Penso che l’idea di usare la comunicazione con la stessa etica che riserveremmo alle persone a noi care sia la chiave fondamentale per non finire a diventare un fanta guru o qualcosa del genere.
Alla fine sarai molto più soddisfatto del lavoro che farai, te lo assicuro.
L’arrivismo personale senza freni ci farà sentire pieni fuori ma molto vuoti dentro.
Bene…Ora direi che possiamo andare avanti.
2- Simboli di affinità
Un altro modo con cui creare affinità con qualcuno è attraverso l’uso di simboli.
I simboli spesso sono molto più potenti delle affermazioni. Un simbolo usato bene parla più di mille parole.
Hai notato come Salvini baci il rosario più spesso di quanto probabilmente lo fa un prete?

Quel gesto è un simbolo.
Salvini (per quanto discutibili siano le sue tecniche di comunicazione) sa perfettamente chi lo segue. E questo, nella politica così come nel marketing, è ciò che fa la differenza tra un comunicatore di successo e uno che passa totalmente inosservato.
Quel gesto di Salvini altro non è che un simbolo di affinità.
Con quel semplice gesto crea immediatamente affinità con tutti gli elettori tradizionalisti cattolici.
Non è un caso che lo faccia così spesso.
Se segui le elezioni americane avrai notato che in quel contesto c’è un uso spesso esagerato di simboli. Se stai gareggiando per la presidenza nel partito repubblicano e non indossi la spilla con la bandiera americana stai sicuro che perderai le elezioni.
Quel semplice simbolo comunica alle persone: “sono patriottico e tengo a questo paese tanto quanto te.”
Ma i simboli non servono solo in politica.
Prova a farci caso. Se nello studio di uno Youtuber vedi il poster al muro del tuo gruppo preferito non senti immediatamente di avere qualcosa in comune con quella persona?
Immagino di sì.
Se sappiamo chiaramente a chi ci stiamo rivolgendo il semplice uso dei simboli giusti può creare più empatia di quanto potremmo mai fare con le parole.
3- Affermazioni di sostegno
Il terzo modo per creare ponti di affinità è con le cosiddette affermazioni di sostegno.
Per affermazioni di sostegno si intende riuscire a dire ciò che gli altri vorrebbero dire o pensare ma che per qualche motivo sentono di non poter fare.
Prendere le difese del tuo gruppo contro una qualche sorta di nemico comune.
Mi spiego meglio.
Se so che il gruppo di persone a cui voglio rivolgermi prova frustrazione per una determinata situazione e io ne prendo le difese, per loro divento immediatamente una figura di riferimento.
A tutti noi piace quando qualcun altro prova a lottare per i nostri diritti.
Se mi rivolgo ai lavoratori che si sentono sfruttati e sottopagati e dico qualcosa del tipo:
“Mentre il mondo cambia ed evolve alcune aziende rimangono ancorate a vecchi modelli, sfruttando più che possono ogni singolo lavoratore. Questa cosa, oggi più che mai, è inconcepibile” e via dicendo.
Ok, sembra molto un’invettiva politica. Ed è proprio la politica che infatti fa più uso di affermazioni di questo tipo.
Quando Salvini (o Trump) si scaglia contro l’immigrazione sta assumendo la posizione di chi si immola per difendere il paese. E se ci farai caso nei suoi discorsi è pieno di affermazioni di sostegno di questo tipo.
Questo concetto si lega molto a quello del Noi vs Loro. Ne ho parlato ampiamente in questo articolo. Come vedrai molti culti, partiti politici o guru del web sono cresciuti sfruttando l’apparente semplicità di questa idea.
Fai sentire gli altri persone migliori
Ricordati sempre una cosa, tutti noi abbiamo 3 bisogni fondamentali da soddisfare:
- Vogliamo sentirci autonomi: vogliamo credere che le scelte che prendiamo non siano influenzate da altre persone e che in qualche modo dipendano solo da noi.
- Vogliamo sentirci intelligenti: magari siamo consapevoli di non essere Einstein, però a nostro modo, tutti noi pensiamo di avere un’intelligenza particolare in determinati ambiti.
- Vogliamo sentirci buoni: vogliamo sentire di operare sempre per il bene, di essere persone moralmente adeguate.
Questi 3 punti definiscono la self opinion, ovvero l’opinione che ognuno di noi ha di sé stesso.
Ogni persona vive la vita su questo pianeta da assoluto protagonista. L’unica esistenza di cui possiamo avere esperienza diretta è la nostra.
È questo fatto che rende l’essere umano una creatura fondamentalmente egocentrica ed è difficile biasimarlo: ogni singola esperienza la viviamo dal nostro personale punto di vista.

E quindi, essendo i protagonisti dell’esistenza, la persona a cui teniamo di più in assoluto…siamo noi.
Questo porta alla luce un simpatico paradosso dei rapporti sociali.
Ogni volta che parliamo con qualcuno il nostro istinto è quello di impressionarlo. Vogliamo dimostrare di essere persone intelligenti, acute eccetera eccetera.
E il nostro interlocutore dal suo canto proverà inconsciamente a fare la stessa identica cosa.
La verità è che nei rapporti sociali siamo quasi sempre concentrati solo su noi stessi e su come appariamo agli altri (e questo rende abbastanza paradossale il concetto di rapporto sociale se ci pensi).
Quindi, cosa pensi che accadrà se durante una conversazione, anziché concentrarci su noi stessi, proviamo a dare la completa e incondizionata attenzione alla persona con cui stiamo parlando?
Se anziché cercar confermare le nostre opinioni su di noi proviamo a confermare le sue?
In altre parole se proviamo a dare al nostro interlocutore una conferma del fatto che quello che lui crede di essere è effettivamente così.
Come ti senti quando trovi una di quelle rare persone che riesce a farti sentire intelligente?
Immagino bene. Anzi, spesso diventiamo dipendenti da queste persone.
In quanto esseri umani vogliamo sentirci importanti, vogliamo avere intorno persone che ci fanno sentire importanti e se le troviamo proviamo a non distaccarcene più.
Se riesci a far sì che qualcuno, quando è con te, si senta una persona migliore creerai un rapporto che sarà difficilissimo incrinare.
Ricorda sempre questi 3 punti:
- A nessuno piace sentirsi manipolato.
Se le persone finiranno per credere di avere avuto loro un’idea, di aver deciso autonomamente di fare qualcosa, allora la faranno molto più volentieri.
2. Tutti noi ci sentiamo intelligenti e vogliamo che gli altri riconoscano la nostra intelligenza.
Anche se non siamo d’accordo con l’opinione di qualcuno, noi possiamo ugualmente accettare il suo punto di vista.
Riconoscere che nel suo punto di vista, comunque, ci sono degli aspetti interessanti.
Questo farà sentire la persona capita e a quel punto avremo del margine per riuscire a far passare la nostra idea che a quel punto verrà accettato molto più di buon grado dall’altra persona.
3. Tutti noi pensiamo di essere buoni e di agire sempre per il bene.
Se riusciremo seguire questi punti quando parliamo o scriviamo a qualcuno diventeremo in pochissimo tempo figure molto importanti nella sua vita.
Conclusioni
L’obiettivo di questo articolo era creare un cambio di prospettiva sui rapporti sociali e sul comportamento umano. Come esseri umani vogliamo sentirci unici e speciali (e per certi aspetti lo siamo) ma per certe dinamiche siamo tutti terribilmente simili.
Rispondiamo agli stessi stimoli e abbiamo tutti gli stessi bisogni di base. Capire e assimilare questi concetti ci permetterà senza dubbio di diventare comunicatori migliori e anche di migliorare i nostri rapporti umani.
Come per ogni cosa però, c’è un lato bianco e uno nero, uno yin e uno yang.
Se è vero che molte di queste tecniche possono essere usate per migliorare la propria comunicazione è anche vero che molti comunicatori le hanno usate in modi eticamente parecchio dubbi.
Se analizzi molti dei culti che sono nati nel corso della storia ti accorgerai che i leader di questi movimenti usavano in modo pressoché perfetto (in modo più o meno consapevole) molte di queste tecniche.
Da Osho a Jim Jones fino a Charles Manson.
Non voglio fare una predica morale su come sia giusto o meno usare queste strategie. Anche perché per certi versi, sarebbe troppo complicato riuscire a farlo.
Però mi sembra giusto sollevare la riflessione: è la pistola o l’uomo che uccide quando parte un colpo?
articolo molto interessante