Sono sicuro che nella vita ti sarà senz’altro successo di fare una scommessa con tuo amico anche solo per scherzare su una situazione.
A volte queste scommesse le hai vinte mentre altre volte probabilmente le hai perse.
Ti chiedo una cosa: era più forte la sensazione che provavi quando perdevi o quando vincevi?
O meglio, odiavi di più perdere rispetto a quanto ti piacesse vincere?
Scommetto di si.
Questa sensazione infatti è dovuta a un bias cognitivo chiamato Deprival Syndrome (Sindrome da privazione).
Secondo questo bias odiamo perdere qualcosa che abbiamo più di quanto ci piaccia guadagnare qualcosa che non abbiamo.
In parole povere odiamo perdere più di quanto amiamo vincere.
Pensaci…
La maggior parte delle rivolte nella storia sono state fatte perché a un determinato gruppo di persone veniva tolto qualcosa (soldi, libertà, benefit…) ma senti raramente storie di festeggiamenti perché agli stessi gruppi di persone è stato dato qualcosa che prima non avevano.
Le persone odiano perdere.
Questo bias ha diverse implicazioni sia sulla nostra vita sia sul nostro lavoro.
Come ogni bias può portarci infatti a commettere errori senza che nemmeno ce ne rendiamo conto.
Vediamo quindi di analizzarne qualcuno.
Come veniamo influenzati
La nostra avversione alla perdita ci rende più sensibili alle informazioni che potrebbero avere implicazioni negative per noi.
Prova a pensarci.
Il messaggio pubblicitario di un programma di allenamento può focalizzarsi sui benefici (guadagni) che otterremmo seguendolo o sui rischi (perdite) in cui potremmo incorrere se non lo seguiamo.
Quale pensi che sarà più efficace?
Quello che promette che diventeremo più energici e più sani o quello che avvisa che rischiamo di diventare meno attraenti e di ammalarci?

Uno studio a riguardo ha mostrato come le donne vengano convinte più facilmente a farsi un esame al seno quando gli vengono mostrate le possibili conseguenze negative del non farlo.
L’avversione alla perdita è una leva molto forte per il nostro cervello e può essere usata per influenzarci in modo positivo ma anche in modo negativo.
E quando siamo davanti a una scelta importante dobbiamo imparare a capire se siamo vittime dell’influenza di questo bias oppure no.
Perdere soldi
Odiamo ammettere di aver perso dei soldi.
Questo è il motivo per cui attribuiamo più valore alle cose che già abbiamo rispetto a quanto saremmo dipsosti a pagare per la stessa cosa se non la avessimo.
Avendo investito dei soldi per quel prodotto odiamo ammettere di averli buttati via e quindi inconsciamente lo valutiamo più di quanto vale.
Se però non lo avessimo magari nemmeno lo compreremmo più.
Questo è il motivo per cui così tante aziende garantiscono il Soddisfatto o Rimborsato.
Una volta che siamo entrati in possesso di qualcosa siamo meno disposti a ridarlo indietro.
Se questo principio non valesse probabilmente vedremo molte meno garanzie simili sui prodotti che acquistiamo.
Per lo stesso motivo se compriamo un’azione e poi questa va in perdita fatichiamo a venderla. Preferiamo sperare e credere che tornerà ad andar bene.
Venderla significa ammettere a noi stessi e agli altri che abbiamo commesso un errore e così spesso chi investe in borsa finisce per tenersi azioni che non valgono nulla continuando a sperare che un giorno tornino a funzionare.
Chiediti sempre: se non avessi fatto questo investimento lo farei oggi a questo prezzo?
Il bias dell’urgenza: Urgency
Quando qualcuno sta visitando una tua pagina di vendita e poi decide di non comprare se potesse parlarti spesso ti direbbe: “devo pensarci un po’ su”.
Questo avviene quasi sempre nelle vendite fisiche.
Entri in un negozio, provi 2-3 vestiti poi saluti gentilmente il commesso e gli dici “ci penso un po’ su”.
Bene, quel ci penso un po’ su può significare in realtà 3 cose:
• Costa troppo, non ho abbastanza soldi
• Non vedo abbastanza valore in quello che sto comprando
• Non vedo l’urgenza, ovvero non vedo il motivo per cui dovrei comprarlo proprio ora.
Il terzo principio ovvero l’urgency (e anche la scarcity) ha a che fare proprio con la nostra avversione alla perdita.
Il fatto è che quando compriamo qualcosa noi compriamo con le emozioni e poi giustifichiamo l’acquisto con la logica.
Compriamo un vestito perché vogliamo sentirci come il personaggio del film x o come il cantante y e una volta comprato giustifichiamo l’acquisto con elementi logici quali:
Lo userò molto spesso, ho un vestito per le occasioni importanti, posso permettermelo ecc ecc..
Quindi, quando stiamo per acquistare qualcosa, stiamo attivando la parte emotiva del nostro cervello.
Quando all’ultimo decidiamo di non comprarlo e pensarci un po’ su cosa succede?
Nella maggior parte dei casi accade che la nostra parte logica, più passa il tempo, più anziché trovare motivi per giustificare l’acquisto ne trova per non farlo.
Siamo usciti dalla modalità emotiva e siamo entrati in quella logica ma senza aver completato l’acquisto. Ora troveremo solo i motivi validi per non tornare a farlo.
L’urgency serve a rispondere proprio a questa domanda: perché dovrei comprarlo ora?
Per la sindrome da privazione noi vogliamo ciò che non possiamo avere.
Valutiamo mentalmente di più ciò che consideriamo scarso o unico. Meno una cosa è disponibile e più la desideriamo. Se ci piace una maglietta e ne è rimasta una sola in negozio le attribuiamo improvvisamente più valore di quello che realmente ha.
Questo è anche il motivo per cui ci iscriviamo a newsletter che promettono contenuti riservati o esclusivi.
Quindi come crediamo domanda per qualcosa che vogliamo vendere?
Creiamo competizione sugli articoli e limitiamo il numero di prodotti disponibili o il numero di persone che possano accedervi.
Supreme e simili sono un esempio perfetto del funzionamento di questo principio.
Il valore atteso e le scommesse
Preferiresti: L’80% di probabilità di vincere 100 euro e il 20% di vincerne 20 oppure la certezza di avere 80 euro?
A intuito forse risponderemmo la certezza degli 80€.
Ma siamo sicuri che razionalmente sia la scelta corretta?
Per valutare questo tipo di scelte dovremmo in realtà affidarci alla matematica.
Ok so che questa frase potrebbe non piacerti.
Ma non spaventarti, voglio solo spiegarti un piccolo principio.
In economia e in calcolo delle probabilità si dice che per prendere una decisione come quella sopra bisogna calcolare il valore atteso.
Il valore atteso sostanzialmente rappresenta il valore medio di un fenomeno aleatorio.
Un po’ confuso vero? Non preoccuparti in realtà è molto più semplice di quel che sembra.
Immaginala così:
Stai giocando a testa e croce e se esce testa vinci 100€ mentre se esce croce 0.
Questo è ovviamente un gioco a cui conviene giocare, infatti se calcoliamo il valore atteso, che altro non è che il valore di testa per la sua probabilità più il valore di croce per la sua probabilità otteniamo:
100 x 0,5 + 0 x 0,5 = 50
Il valore atteso è come se ci dicesse che mediamente vincerò 50€. Per calcolarlo abbiamo semplicemente moltiplicato le nostre possibili vincite per le relative probabilità e le abbiamo sommate.
Quindi, torniamo un attimo al problema di prima: L’80% di probabilità di vincere 100 euro e il 20% di vincerne 20 oppure la certezza di avere 80 euro?
Anziché rispondere in modo intuitivo ora possiamo calcolarne prima il valore atteso!
Se calcoliamo il valore atteso del primo problema risulta
100 x 0,8 + 20 x 0,2 = 84
E poiché 84 è maggiore di 80 razionalmente dovremmo scegliere l’azzardo. Nella maggior parte delle persone però il ragionamento non funziona così.
Le persone infatti generalmente detestano il rischio e quindi preferiranno quasi sempre l’opzione sicura.
Vediamo adesso il caso delle scommesse.

Supponiamo che tu debba giocare a testa e croce e ti viene proposta questa scommessa:
Se viene croce perdi 100 euro.
Se viene testa ne vinci 150.
Cosa fai? Accetti o no?
Razionalmente come abbiamo visto dovremmo calcolare il valore atteso prima di prendere una decisione. Quindi:
150 x 0,5 – 100 x 0,5 = 50
In teoria dovremmo accettare.
La maggior parte delle persone però rifiuta questo tipo di offerta.
Per compiere una scelta infatti devi confrontare il beneficio psicologico di vincere 150 euro con il costo psicologico di perderne 100.
Il problema di fondo è che, come abbiamo visto, le perdite ci appaiono più grandi dei guadagni. Perdere quei 100€ ci sembra molto peggio di vincere quei 150.
Quello che accade solitamente è questo:
• Nelle opzioni miste, dove sono possibili sia una perdita che un guadagno, l’avversione alla perdita induce scelte estremamente avverse a rischio
• Nelle opzioni negative, dove una perdita sicura è messa a confronto con una perdita più grande che è solo probabile, la gente è più incline a rischiare.
Ho parlato di scommesse perché è uno dei modi più efficaci di far passare il concetto.
Questa avversione alla perdita però può farci perdere molte occasioni in più ambiti.
L’avversione alla perdita nell’advertising
Parliamo adesso di advertising.
Questo discorso vale in realtà per quasi ogni cosa che riguardi gli investimenti di denaro. L’advertising è però il settore del marketing in cui forse questo bias si rende più palese.
Quindi (e poi chiudo con le premesse) parleremo di advertising ma il senso del discorso vale in generale per ogni processo in cui vengono investiti soldi.
Lets go.
Partiamo da un assioma sull’advertising che se lavori in questo campo deve diventare un tuo mantra:
I soldi che investi in advertising sono al 100% a rischio.
Per quanto possiamo essere bravi advertiser non avremo mai la certezza matematica di non perdere soldi.

Poiché i nostri soldi sono a rischio ci troveremo spesso a che fare con la nostra avversione alla perdita. Come abbiamo visto fino ad ora infatti per il nostro cervello è peggio perdere 100 euro che vincerne 100.
Certo, la consapevolezza di star rischiando dei soldi quando lanciamo una campagna di advertising ce l’abbiamo tutti.
Questa consapevolezza però solitamente arriva fino a un certo punto.
Se iniziamo a perdere più di quello che pensavamo o che ci eravamo immaginati probabilmente inizieremo a preoccuparci e in molti casi finiremo per stoppare la nostra campagna.
Se la perdita era accettabile ma ci stoppiamo comunque significa che stiamo agendo con il Sistema 1. Stiamo però ignorando un fattore molto importante.
La differenza tra perdere soldi in una scommessa e perderli spendendoli in advertising online è che nel secondo caso stiamo continuamente ottenendo qualcosa in cambio: i dati.
Questo vale per ogni processo di marketing che richiede un investimento e che fornisce dati come output.
Se approcciamo l’advertising con il nostro Sistema 1 rischiamo di diventar preda delle emozioni e non vedere che in realtà i soldi che stiamo perdendo ci stanno mostrando come portare in profitto le nostre campagne.
L’advertising va sempre affrontato con il sistema 2. È fondamentale.
Facebook ads o Google ads non sono posti per il pensiero creativo o emozionale. Sono posti in cui chi è in grado di analizzare i numeri si prende tutto chi li ignora non ha chance.
Devi essere perfettamente consapevole che i tuoi soldi sono a rischio e devi diventare in grado di non subire psicologicamente le perdite.
Quindi, ricorda questi 3 punti:
• I tuoi soldi sono al 100% a rischio
• Stabilisci un budget di test e dividilo per i giorni che intendi fare i test
• Tieni traccia delle tue KPI
Le KPI o key performance indicator sono la tua bussola nell’advertising e ve ne parlerò in modo più approfondito in un altro articolo.
Ricorda: i dati che raccogli devono far si che la tua avversione alla perdita cali. Tieni traccia delle tue KPI e stabilisci un metodo rigido per bloccare le tue campagne.
Per approfondire l’argomento ti lascio il link al mio canale YouTube e un articolo in cui spiego il ruolo dei bias più nel dettaglio:
Bias cognitivi: cosa sono e perché sono importanti.
Video: Le fondamenta del marketing
A presto,
Andrea